Intervista a Walter Palazzo

La brillante carriera del pilota raccontata tra le macchine della sua officina

Walter, come nasce il tuo amore per le quattro ruote?
Solo per le macchine, per la precisione! Avevo due anni quando ci siamo trasferiti a Santa Venerina dalla Svizzera e mio padre ha aperto l’officina. Noi abitavamo di sopra. Mio padre lavorava sotto, ed io, ciucciavo latte sentendo i rumori dei motori e l’odore della benzina. Ai tempi non c’erano ancora le marmitte catalitiche. Quando a pranzo lui saliva a casa e si sedeva a tavola si sentiva l’odore dell’olio, non dell’olio d’oliva, l’olio del motore!

 

L’officina a quei tempi ancora non era ancora Centro Assistenza Porsche…
No, era generica. In seguito siamo stati Peugeot, poi siamo stati Fiat e infine siamo diventati Porsche.

 

A quanti anni hai cominciato a vedere cosa faceva tuo padre?
Ho un ricordo di quando avevo otto anni: mio padre per la prima volta mi fece smontare il motore vecchio di una macchina. Verso le undici e mezzo di mattina mi ha detto: “Lavati le mani e vieni con me”. Mi ha portato sopra, mi ha tagliato un pezzo di pane, ha messo il prosciutto all’interno, e me l’ha dato. Poi ha detto: “Bravo, questo te lo sei guadagnato tu”.

Tuo padre ti ha dato un grande insegnamento di educazione al lavoro.
Andavo a lavorare in officina ogni estate, quando ritornavo da scuola e i sabato pomeriggio.

 

Da bambino già smontavi le macchine. Ma a che età hai imparato a guidare?
A nove anni dissi a mio padre che ero pronto per guidare la macchina, papà mi disse: “Non ce la puoi fare. Tu gira lo sterzo e io gestisco i pedali”. Gli dissi che volevo provare da solo e sono riuscito a non farla spegnere, perché ero allenato.

In che senso allenato?
Io correvo nel letto di notte. Mi mettevo sotto le coperte e correvo.
Avevo trovato il sistema per allineare i piedi: il pedale della frizione, del freno e dell’acceleratore. A quei tempi si usava la borsa dell’acqua. Ti ricordi? La portavo a letto e la mettevo tra i piedi.

 

Usavi la borsa dell’acqua calda come se fossero i pedali della macchina?
Sì, immagina la borsa dell’acqua calda: se tu acceleri, l’acqua in risposta ti alza il piede sinistro, se premi il piede sinistro si alza il piede destro dell’acceleratore. Quel sistema mi ha dato la sensibilità degli spostamenti di entrambi i piedi e in questo modo l’ho insegnata anche a una signora. Avevo dodici anni quando le facevo scuola guida.

 

Tu non avevi neanche la patente e già facevi le lezioni di guida?
Sì, perché questa signora la patente la stava prendendo in ritardo e quindi per lei era difficile.

 

E la tua avventura nel Motorsport com’è iniziata?
La mia avventura è iniziata prima nei miei sogni, e poi solo dopo si è realizzata.
Pensavo che tutti gli altri piloti fossero molto più forti di me e quindi che non fossi all’altezza. Un giorno ero con il fuoristrada a fare assistenza tecnica ad un pilota che doveva correre. Lo seguivo con la macchina durante una prova speciale e mi ero messo da parte per farlo passare con la macchina da corsa. L’ho inseguito anche se non si poteva fare, e mi sono trovato con il mio pilota che andava più lento di me che non ero nemmeno lì per correre. Io gli stavo dietro e lo spingevo. A quel punto ho pensato che ero capace anche di fare il pilota e di nascosto da mio papà iniziai a correre.

Con il fuoristrada. Che fuoristrada era?
Il mio “Suzukino” 1000, trasformato in 1300. Il “Suzukino” SJ410.

 

E tu quanti anni avevi?
22 anni.

 

Dunque hai cominciato a fare le gare con il fuoristrada?
Le pazzie. Quelle sì che sono pazzie. Ho iniziato direttamente con il campionato italiano della Federazione Italiana Fuoristrada. Era un campionato di regolarità ma era abbastanza spinto: nelle prove speciali non ci arrivavi, dovevi tirare. Invece i trasferimenti erano di regolarità a tutti gli effetti. Un po’ come oggi nel Rally. Poi sono passato dalla regolarità alla velocità, e poi ho fatto due o tre anni di velocità su pista, sempre con il fuoristrada.

 

Come funzionano queste gare su pista per fuoristrada?
Sono gare di velocità, solo che la pista è tipo quella del moto cross ma è fatta per i fuoristrada. Bello, si vola. Non è come una pista normale dove tu almeno nel dritto puoi respirare, allentare la mano sullo sterzo. Là non puoi mollare mai. La macchina salta continuamente perché non c’è una strada omogenea, è tutta sconnessa e lo sterzo devi tenerlo sempre stretto …ed una prova speciale dura anche mezz’ora! Tutto il weekend era carico, si partiva la mattina e si finiva la sera, e arrivavi a fare almeno 200-300 chilometri.

 

Per quanti anni hai fatto queste gare?
Per dieci anni, poi c’è stato un momento di fermo. Mi sono fermato perché non avevo più tempo di seguire i fuoristrada. Quando l’officina è cambiata ed è diventata Porsche mi sono messo a seguire le macchine stradali, sull’asfalto.

 

Ed è stato così che è iniziato il tuo amore per il marchio Porsche?
L’amore per il marchio Porsche l’abbiamo sempre avuto. La mia macchina, per me, è sempre stata la Porsche, anche quando riparavo le Punto, quando eravamo Fiat. La Porsche per me è sempre stata la più bella macchina sportiva.

La macchina che ti è piaciuto di più guidare?
Sono tutte belle. Ogni macchina ha la sua storia, potrei dirti che la Lamborghini è senz’altro bella, ma la BMW è un mio piccolo amore nascosto.

 

 

 

 

La BMW?
Sì, ho debuttato con la BMW sull’asfalto nelle gare in Sicilia. Ho vinto il campionato Siciliano. Mi piace come si comporta in pista, mi piace come macchina. Ma la mia macchina resta sempre la Porsche. …E la prima donna per me è la Porsche!

 

La BMW allora è l’amante…
La BMW può essere l’amante che mi tenta ogni tanto… La Ferrari no, non la comprendo.

 

E della GT3 che mi dici?
È Porsche, no? Dice tutto. Il nome Porsche dice tutto. Il GT3 è il massimo che può fare la Porsche su un motore aspirato, per adesso. Il GT3 è aspirato ed è la macchina più difficile da guidare e la più bella, solo per piloti, o per appassionati.

Qual è stata la gara più emozionante che hai fatto?
Tutte le gare sono emozionanti, anche quando le perdi. E’ un’emozione negativa ma è pur sempre un’emozione forte.

E il passaggio dalla BMW al GT3 come è avvenuto?
E’ stato difficile l’approccio che ho avuto perché la prima gara che ho fatto con la Porsche è stata la Sei Ore di Vallelunga dove c’erano tante altre macchine di altra categoria molto più veloci di me; pioveva ed era buio pesto, non si vedeva niente. In più le macchine più veloci buttavano l’acqua nei vetri. Là è stato veramente bruttissimo ma è stata anche la prima volta che sono salito su una Porsche da corsa.
Però posso dire che tutte le gare sono emozionanti e anche quello fa parte dell’emozione e noi dobbiamo superarla, no? Altrimenti scendiamo e non ci saliamo più.

 

E invece ci sei restato.
Certo! Quello infatti è stato il mio trampolino di lancio nel mondo dei campionati italiani con Porsche.

 

Con l’esperienza che tu hai acquisito con l’officina di famiglia, pensi di avere un rapporto privilegiato con i team che ti seguono?
Io lo spero. Ma penso di sì perché ogni volta che scendo dalla macchina le mie indicazioni sono mirate e loro in due minuti risolvono il problema. Quando scende un altro dalla macchina può anche essere un bravo pilota, ma non sempre può avere la competenza tecnica e quindi non sa mirare con precisione il problema.

Nella tua carriera sportiva hai girato molte piste sia in Italia che in Europa, qual è la tua preferita?
È il Mugello, però sono tutte belle.

 

Perché proprio il Mugello?
Il Mugello è “La Pista” in Italia. Neanche in Europa ce ne sono così complete tra tutte quelle che ho girato. Redbull Ring è bella, ma non è completa come quella del Mugello. In Spagna Catalunya è bella, ci sono dei curvoni lunghi, ma non è il Mugello.

 

Il Mugello è la più tecnica vero?
E’ l’università, è la tesi di laurea. Quando ti sei dato tutte le varie materie ti trovi davanti al Mugello e puoi dare la tesi. Noi piloti lo diciamo spesso perché in tanti la consideriamo la pista più difficile e anche la più bella. Del resto tutto quello che è difficile è più bello, no?
Ogni pista ha qualcosa che la rende difficile, Vallelunga ha il curvone, Imola il suo saliscendi, saltare nella variante alta non è una cosa semplice ma la devi fare. Ogni pista ha il suo fascino, ogni pista è bella. Misano è bella perché è piatta, devi trovare sempre la traiettoria più stretta, più vicina e con meno strada possibile. La pista che non amo tanto è Monza perché è una pista antica, non ha niente di tecnico, è tutta velocità.

 

Che cosa consiglieresti a un giovane che vuole intraprendere la carriera sportiva del pilota?
Contrariamente a quanto si pensi la cosa più difficile che c’è non è guidare, ma è riuscire a salire in macchina. Deve innanzitutto essere bravo nel marketing, saper vendere la sua immagine. Oggi è indispensabile parlare in inglese e iniziare da giovane, con qualsiasi categoria, ma iniziare da giovane.

 

Tu però non hai iniziato giovanissimo il Gran Turismo…
Lo so, e anche con il fuoristrada ero già grande. Dovevo iniziare molto prima e fare qualcosa con i Kart. Devi avere la fortuna che qualcuno ti appoggi nelle spese, perché è uno sport che costa, e conviene iniziare da subito anche in categorie meno prestigiose, ma dove puoi fare esperienza e iniziare a capire come fare per avere degli sponsor.

 

Grazie per esserti raccontato Walter… ti faccio un’ultima domanda. Che cosa pensi quando sei sul podio e ricevi un trofeo? Ho notato in diverse foto che hai lo sguardo rivolto verso su…
Mi piace pensare che qualcuo da lassù mi protegga.

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